Depressione
Non una “questione di volontà”.
La depressione è un disturbo molto diffuso, si stima infatti che colpisca circa dal 10% al 15% della popolazione, con maggiore incidenza tra le donne. Il primo episodio di depressione si verifica tipicamente intorno ai 25 anni, anche se un numero consistente di persone sperimenta un primo episodio depressivo nella tarda infanzia o nell’adolescenza.
I sintomi della depressione possono variare molto da persona a persona e manifestarsi in maniera anche molto diversa a seconda delle diverse fasi del ciclo di vita. Vi sono però due sintomi principali comuni alle persone depresse:
– L’abbassamento del tono dell’umore: la persona prova una marcata tristezza, si sente stanca e irritabile, inizia ad avere la sensazione che la sua vita sia priva di senso, tende a rimuginare molto sugli eventi spiacevoli e a formulare pensieri negativi su di sé e sulla propria situazione.
– L’anedonia, ovvero la perdita di interesse e della capacità di trarre piacere dalle attività gradite in precedenza. La persona non riesce più a divertirsi, viene a mancare qualunque tipo di entusiasmo, anche per ciò che prima amava molto fare, tutto appare grigio e privo di senso.
Altri sintomi specifici che spesso si associano all’umore depresso e all’anedonia sono:
– Diminuzione o aumento dell’appetito e, di conseguenza, variazioni nel peso corporeo;
– Disturbi del sonno, quali insonnia o ipersonnia;
– Rallentamento motorio o, al contrario, una marcata agitazione;
– Stanchezza, perdita di energie, affaticabilità;
– Senso di colpa, senso di autosvalutazione e fallimento;
– Difficoltà a riflettere, concentrarsi e a prendere decisioni;
– Pensieri ricorrenti relativi alla morte e al suicidio.
I sintomi della depressione si manifestano quindi sui diversi piani delle sensazioni corporee, dei comportamenti, delle emozioni e dei pensieri.
In particolare, a livello emotivo appaiono centrali i profondi sentimenti di autosvalutazione, vergogna e colpa, che si accompagnano alle emozioni di tristezza, disperazione e angoscia.
Spesso, a partire da queste emozioni dolorose, si innescano tipici schemi di pensiero incentrati su una severa autocritica e su una visione negativa di sé, degli altri e del futuro.
Come intervenire?
Il trattamento cognitivo della depressione si focalizza sull’andare a identificare le modalità peculiari in base alle quali il paziente interpreta la propria esperienza.
In questo modo sarà possibile identificare e andare ad agire su tutti quei pensieri negativi automatici che solitamente la persona formula in modo inconsapevole e che hanno un ruolo cruciale nel mantenimento del disturbo.
Depressione e Mindfulness
Un aspetto fondamentale nel processo di cura della depressione è quello della consapevolezza, o Mindfulness, intesa come la capacità di prestare attenzione di proposito, nel momento presente e senza giudicare al modo in cui ci sentiamo, alle emozioni che proviamo, ai pensieri che ci passano per la mente.
Sono sempre maggiori le evidenze scientifiche che mostrano come coltivare questa particolare capacità di prestare attenzione sia di grande utilità nel trattamento della depressione.
La Mindfulness consente infatti di diventare consapevoli di tutti quei processi mentali che, utilizzati in modo automatico e rigido, contribuiscono al mantenimento della situazione di sofferenza, e di acquisire un atteggiamento di maggiore flessibilità e apertura all’esperienza.
Tramite gli esercizi di Mindfulness e la loro integrazione nella psicoterapia cognitiva, il paziente entra in contatto con un particolare modo di prestare attenzione che rappresenta la perfetta antitesi del tipo di pensiero che fa sì che la depressione si mantenga.
Se infatti gli schemi di pensiero tipici della depressione si basano spesso su automatismi, ruminazioni sul passato e giudizi inflessibili, la consapevolezza allenata tramite la Mindfulness si caratterizza invece per essere intenzionale, rivolta direttamente sull’esperienza del momento presente e non giudicante.
Spesso chi è colpito dalla depressione si sente dire dalle persone che lo circondano di sforzarsi, di reagire, che la soluzione del suo problema “è solo questione di volontà”.
Tutto ciò, anche se fatto in buona fede, non fa altro che peggiorare la situazione, andando ad acuire il suo senso di colpa e di autosvalutazione.
L’atteggiamento più corretto è quello di aiutare la persona colpita ad intraprendere un percorso di cura che comprenda una psicoterapia adeguata ed eventualmente una terapia farmacologica.
Dott.ssa Celeste Bernardini
Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologa clinica
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